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Studi di settore da riformare: non più strumenti per fare cassa ma per premiare gli onesti  


E’ giunta l’ora di cambiare passo e di riformarne profondamente l’utilizzo degli studi di settore, che da strumento di accertamento devono trasformarsi sempre più in elemento garanzia e di equità”. Sono parole di Mauro Giovagnoli direttore di Confartigianato Arezzo, che insiste: “Considerando l’esperienza quotidiana delle piccole imprese nel loro rapporto col fisco, Confartigianato Arezzo ribadisce la necessità di intervenire sulla materia, nella convinzione che sia arrivato il momento di cambiare passo e di riformare profondamente l’utilizzo degli studi di settore”.

In sostanza – approfondisce Giovagnoli – si propone di rivedere l’impiego degli studi di settore, che oggi sono utilizzati dall’Amministrazione Finanziaria principalmente per fare cassa e non più come modalità di selezione dei contribuenti a rischio di evasione, a garanzia dei contribuenti corretti”.

Serve inoltre una forte semplificazione dei modelli e una rivisitazione delle modalità statistiche di elaborazione. “Occorre insomma –  sempre secondo Giovagnoli – ritornare alle finalità iniziali, per cui lo studio di settore era stato pensato come garanzia per le imprese, nonché introdurre un nuovo sistema di tassazione che punti a premiare l’efficienza e la fedeltà fiscale in modo automatico all’aumentare del reddito dichiarato”.

Lo scopo  – conclude Giovagnoli – è poi anche quello di creare un sistema di incentivi volto a stimolare i contribuenti ad accrescere la loro capacità produttiva, al fine di abbassare la tassazione media sul reddito prodotto”: secondo Confartigianato infatti, va realizzato “un nuovo sistema di tassazione premiale, legato alle performance di reddito dichiarato: il reddito eccedente una certa soglia minima da determinarsi, in via presuntiva, proprio attraverso gli studi di settore, dovrà essere soggetto a una tassazione ridotta”.

Queste proposte sono espresse anche in un documento che le organizzazioni nazionali di categoria hanno inviato al Ministero  dell’Economia e delle Finanze, e che prende le mosse dai prossimi interventi di semplificazione dei modelli e di rivisitazione delle modalità di costruzione degli studi di settore, pianificati per il 2016,

Quello che Confartigianato chiede al Governo è, in conclusione, un ritorno alle origini per gli studi, nati 20 anni fa proprio da un progetto di confronto e condivisione tra il Fisco e le Organizzazioni che rappresentano gli imprenditori. All’epoca l’obiettivo era quello di selezionare i contribuenti a rischio di evasione e offrire certezze a quelli in regola. Nel tempo, gli studi di settore sono diventati 204, una macchina sempre più complessa e sofisticata che si applica a 3.600.000 soggetti, tra imprese appartenenti ai settori manifatturiero, dei servizi, del commercio e professionisti, con ricavi fino a 5.164.000 euro.

 



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