Dazi Usa al 15% “Sui prodotti alimentari fino al 10% in meno di vendite. Urgente aprire a nuovi mercati per reggere l’urto”
Il Presidente della Federazione Alimentazione, Stefano Ziantoni “Il Governo lavori ad un piano strutturato per sostenere l’export agroalimentare italiano”
L’accordo sui dazi tra USA e UE fa tremare il comparto agroalimentare italiano. Nelle ore successive all’intesa sull’importo delle imposizioni doganali, gli imprenditori riflettono sulle conseguenze che si vanno a delineare e tracciano un quadro dei possibili scenari.
Il Presidente della Federazione Alimentazione di Confartigianato Imprese Arezzo, Stefano Ziantoni, sottolinea l’urgenza di porre l’attenzione su alcuni punti centrali, affinché il Governo intervenga a sostegno delle aziende artigiane.
“Abbiamo atteso un riscontro certo da mesi – esordisce Stefano Ziantoni – ora che abbiamo la prospettiva del 15%, siamo seriamente preoccupati di come si andranno a consolidare i prezzi. Nell’immediato e quindi nei prossimi 3 o 4 mesi prevediamo un impatto medio-alto per le vendite, con un calo dal 7 all’8%, in alcuni settori come il vino si arriverà ad un calo del 10%. L’obiettivo è ridurre al minimo il rincaro sullo scaffale per i nostri prodotti – dichiara Ziantoni – non possiamo pensare che la classe media statunitense, la fetta più ampia di mercato, possa continuare ad acquistare prodotti con prezzi finali molto alti“.
In particolare sul vino italiano, si ipotizza un impatto da 317 milioni. Fino allo scorso gennaio, il dazio medio applicato sul vino italiano era del 2,9%. Allo stato, quindi, con una tariffa al 15% l’imposizione sulle bottiglie italiane è quintuplicata in meno di sette mesi. I produttori sono preoccupati per l’accordo tra Europa e Stati Uniti, dal momento che sarebbe l’Italia a pagare un prezzo più alto, a causa della maggiore esposizione netta sul mercato americano.
“Su alcuni settori come quello vinicolo, c’è sempre da tenere a mente diversi fattori. Ad esempio in questo momento difficile per il consumo di vino, New York che è la principale piazza Usa, fa registrare il segno rosso nelle vendite perché sempre più giovani stanno consumando una nuova bevanda in lattina a metà strada tra il vino e la birra, per la cui produzione non c’è bisogno di coltivare uva e avere terreni vocati. Su questo si aprono anche interrogativi etici per gli imprenditori, ma tutto fa parte del mercato attuale che come aziende ci troviamo a fronteggiare“.
In queste ore sono al vaglio varie ipotesi. Ad esempio zero dazi potrebbero essere applicati su alcuni prodotti agroalimentari, il cui elenco è ancora da stilare.
“Chiediamo al Governo che prenda in mano l’accordo siglato – aggiunge Ziantoni – per far in modo che i dazi possano essere diversificati su alcuni prodotti strategici del made in Italy. Il cibo italiano è ambito da tutti, diverso il mondo del vino che almeno per i territori arabi e medio orientali non ha praticamente nessuno sbocco. Per cercare di aprire a nuovi mercati è necessario che il Governo metta in atto una politica concreta. Avremo bisogno in un certo senso di un “Piano Mattei” per l’agroalimentare italiano. Un piano cioè che metta a sistema la strategia migliore per proporre le aziende su nuovi mercati: dagli studi di settore, al consolidamento delle infrastrutture, al dialogo internazionale. Lo Stato deve sostenere le aziende artigiane che sono sinonimo di qualità, ma che senza un assetto unitario non possono penetrare in maniera efficace e solida in nuove economie”.
Ziantoni conclude riflettendo anche sul lungo periodo: “Non vedo a breve termine una ripresa della situazione precedente all’annuncio dei dazi e quello che spaventa maggiormente è l’escalation che le scelte USA porteranno nella stessa economia degli States. La guerra commerciale può portare alla stagnazione dell’economia statunitense che potrà avere ulteriori conseguenze negative.”