“Accordo sui dazi non indolore per le imprese. Ora UE ne sostenga competitività”
Lo sottolinea il Presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, dopo l'intesa USA-UE del 27 Luglio
“L’accordo sui dazi Usa al 15% mette fine all’incertezza di questi mesi ma non sarà indolore per le nostre imprese, poiché quello statunitense è il secondo mercato mondiale, dopo la Germania, per l’export made in Italy, con un valore di 66,8 miliardi di euro, pari al 10,4% delle nostre vendite all’estero. E proprio negli Stati Uniti, negli ultimi 5 anni, gli imprenditori italiani hanno messo a segno la maggiore crescita di esportazioni: +57%, pari ad un aumento di 24,2 miliardi”.
Lo sottolinea il Presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, secondo il quale “ora è più che mai necessario che l’Ue si concentri su politiche industriali finalizzate ad aumentare la competitività delle aziende e dell’economia europee, a cominciare dalle indispensabili misure per il contenimento dei costi energetici: basti pensare che le imprese italiane pagano l’energia il 28% in più rispetto alla media europea, anche a causa di una eccessiva tassazione in bolletta. Ma serve anche favorire la piena inclusione del sistema delle piccole imprese nelle politiche di bilancio comune europeo, anche queste non prive di ombre all’orizzonte”.
Il 27 luglio, in vista dell’accordo tra il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, Confartigianato ha diffuso un comunicato stampa (rilanciato dal Tg1 Rai) in cui ha messo in evidenza le preoccupazioni delle imprese italiane per le possibili conseguenze delle politiche protezionistiche statunitensi.
Secondo Confartigianato, sono 25.037 le imprese italiane che nel triennio 2022–2024 hanno esportato direttamente e stabilmente verso gli Stati Uniti, con un valore complessivo delle vendite che ha raggiunto 56,4 miliardi di euro nel solo 2024. In media, il mercato USA rappresenta il 13,4% delle esportazioni totali di ciascuna impresa esportatrice.
In particolare, Confartigianato segnala un cluster di 6.259 imprese italiane vulnerabili poiché concentrano sul mercato statunitense oltre il 50% delle proprie esportazioni totali, pari a 11,1 miliardi di euro. Di queste, ben 5.853 sono micro e piccole imprese, che impiegano 51.700 addetti e generano 4,2 miliardi di euro di export diretto verso gli USA.
“Le misure protezionistiche – aggiunge Granelli – oltre a colpire chi esporta direttamente, si trasmettono anche lungo le filiere produttive, con effetti a catena su fornitori, subfornitori e su tutto il sistema delle micro e piccole imprese italiane”.
Tra i comparti più a rischio moda e meccanica, due pilastri del Made in Italy sul mercato nordamericano.
Un inasprimento dei dazi comprometterebbe la ripresa dell’export della moda italiana verso gli Stati Uniti, che nei dodici mesi terminanti ad aprile 2025 ha raggiunto i 5,6 miliardi di euro, con una crescita dell’1,9% nei primi cinque mesi del 2025. Settore ad alta intensità di manodopera e fortemente radicato nelle micro e piccole imprese, la moda subirebbe pesanti contraccolpi.
Più critica la situazione nel comparto della meccanica, dove si osserva una flessione generalizzata. Nei primi cinque mesi del 2025, l’export di questo settore verso gli USA ha registrato un calo del 7,9%, con una contrazione dell’8,9% per i macchinari e un vero e proprio crollo del 28,9% per gli autoveicoli, confermando il trend negativo del 2024.
L’impatto più forte si concentra nella Motor Valley dell’Emilia-Romagna. Secondo l’analisi territoriale di Confartigianato, l’82,2% dell’export italiano di autoveicoli verso gli Stati Uniti proviene da questa regione, seguita da Piemonte (7,3%) e Campania (5,6%). A livello provinciale, Modena e Bologna risultano le più esposte, con quote rispettivamente del 51,5% e del 30,2% dell’export nazionale di autoveicoli verso gli USA.