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Meccanica, aziende a rischio sul territorio aretino Da Confartigianato AREZZO un appello alle istituzioni: calibrare meglio incentivi, sgravi e formazione

1 Gennaio 2013
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Difendete…la meccanica aretina. Come il soldato Ryan, la meccanica aretina ha bisogno di aiuto. E’ un vero e proprio grido d’allarme quello lanciato dai responsabili del settore per Confartigianato Arezzo, il presidente Massimiliano Grazi e Fabrizio Valdambrini, componente del comitato direttivo dell’associazione.“Nel nostro territorio – spiegano ad una voce – ci sono molte aziende che lavorano nel settore della meccanica. Una parte è quella che costruisce le macchine per il comparto orafo, ma non è la parte maggioritaria, poi ce n’è un’altra che costruisce componenti per le grandi aziende, soprattutto del Nord Italia.”Per esemplificare, si va dalla realizzazione di componenti per costruire grandi gru fino a macchine che fanno l’impacchettamento di generi alimentari o altre che servono all’industria farmaceutica per inserire le pastiglie nei flaconi o nei blister. E l’elenco potrebbe continuare con molti altri esempi.Sono aziende che hanno una media di due-tre dipendenti, ma che possono arrivare fino a 15 dipendenti. “E’ un settore – sottolineano Grazi e Valdambrini – che ha bisogno di grandi investimenti, di molta formazione e di grande innovazione perché oggi il lavoro è molto diverso da quello che una volta faceva il fabbro, il fresatore, il tornitore. Oggi si lavora al computer e con attrezzature d’avanguardia. Soltanto i programmi CAD, i software che servono per guidare la realizzazione dei pezzi, è molto, molto costosa. Il personale va continuamente aggiornato, gli investimenti non si fermano mai, ma da una decina d’anni la concorrenza sleale e la delocalizzazione sono diventate le nemiche più insidiose.” Ed ecco l’appello che in prima battuta è rivolto alle istituzioni del territorio: Comune, Provincia, Regione, ma è indirizzato anche a Roma. “Servono – dicono Grazi e Valdambrini – interventi appropriati e calibrati sul nostro settore. Una volta chi investiva in innovazione poteva contare su sgravi fiscali, oggi non c’è più nulla. Anche i contributi che erano stati previsti a livello regionale non erano confacenti, a volte – continuano i due rappresentanti di Confartigianato – costa di più la burocrazia e il tempo di quello che si riesce a ottenere.” E poi c’è bisogno di corsi di formazione. “Una formazione che sia adeguata al nostro settore – sottolineano – che sappia rendere il bagaglio professionale dei giovani adeguato alle necessità reali del mercato.” L’ultimo capitolo riguarda i controlli. “Ci sono aziende, anche medie – concludono – che hanno spostato in paesi come la Romania e la Bulgaria la produzione. Posti dove la paga è bassa, ma dove anche le tutele sindacali sono praticamente inesistenti e dove i macchinari non sono certo aggiornati. E’ ovvio che la concorrenza con chi lavora sul territorio in questo modo non è leale. Non vorremmo mai che magari a qualche azienda fosse concessa la cassa integrazione in Italia pur avendo delocalizzato la produzione in Romania.” L’invito, in casi come questo, è alle istituzioni preposte: vigilate. “Il rischio – concludono Grazi e Valdambrini – è che tutto questo porti alla chiusura le aziende serie che lavorano sul territorio e rispettano tutte le regole.”



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