In una sorta di classifica che prende in esame la «qualità della vita» delle imprese, la provincia di Arezzo si colloca al 23° posto su scala nazionale. L'indice elaborato da Confartigianato, vede il nostro territorio in «zona Uefa », davanti a città come Milano (27° posto) e Roma (63° posto) su un totale di 103 province, ma dietro ad altri comprensori come quello di Prato (6°posto), Firenze (18° posto) e Siena (21° posto). Ma quali sono gli elementi di questa performance?Nonostante i luoghi comuni, la nostra provincia si distingue per un basso peso della burocrazia e rapporti soddisfacenti delle imprese con la pubblica amministrazione; su scala nazionale infatti siamo all'8° posto, dietro a Prato (1° posto) e Lucca (6° posto). A determinare questo risultato incidono il numero di dipendenti pubblici in rapporto alla popolazione, i tempi medi di pagamento del Sistema sanitario nazionale ed il numero di comuni che permettono di effettuare pagamenti online. Buoni, sono anche i risultati ottenuti dalla giustizia civile che vede Arezzo al 17° posto su scala nazionale, ampiamente davanti a Firenze (47° posto) e Prato (48° posto). Sul fatto poi che gli aretini siano dei grandi lavoratori e che abbiano l'impresa nel sangue, non c'era certo bisogno di questo studio, che consacra la nostra provincia al 18° posto su scala nazionale per densità imprenditoriale, e al 15° in relazione alle condizioni del mercato del lavoro.Ma allora che cos'è che rallenta lo sviluppo del nostro territorio?“Il primo fardello sono le infrastrutture: 74° posto su scala nazionale.- Precisa Mauro Giovagnoli Segretario di Confartigianato Arezzo – E su questo tema, spiccano le annose questioni della Due Mari, della E45, l'esclusione progressiva dalle tratte ferroviarie nord-sud e la mancanza di una tratta ferroviaria est-ovest. Altra nota dolente è la condizione del credito nei confronti delle Piccole e medie imprese artigiane, che fa collocare il nostro territorio addirittura al 60° posto su scala nazionale. E qui non ci sono bilanci sociali che tengano: tassi d'interesse, spread rispetto ai tassi della Bce, percentuale di impieghi nell'artigianato rispetto al valore aggiunto prodotto, nonostante la grande mole di lavoro dei Confidi dell'artigianato, ci schiaffanoin fondo alla classifica. Ma da migliorare ci sono anche le utilities e i servizi pubblici, che ci vedono al 58° posto in Italia. I prezzi di affitti, tariffe dell'energia elettrica, del gas e dell'acqua infatti sono troppo alti, le imprese che hanno accesso alla banda larga troppo poche, e le lunghe interruzioni di energia elettrica troppo frequenti.”Intanto le piccole e medie imprese nostrane possono comunque sorridere. Un importante provvedimento, ancora non pubblicato in Gazzetta Ufficiale, determinerà una vera e propria «rivoluzione copernicana» sull'indicazione di origine dei prodotti e quindi del made in Italy. Le imprese italiane che hanno spostato all’estero parte o tutta la loro produzione, dovranno d'ora in poi indicare il luogo dove la merce è stata realizzata. Sarà l'addio alle delocalizzazioni?